Archivio per la categoria ‘Morso della Tarantola’

La tradizione non si smentisce e poi si sa, la cultura si respira nell’aria dove si vive. Così ci indigniamo facilmente della pochezza dei nostri politici se confrontata con quella dei paesi più industrializzati (e non solo), ma poi siamo i primi a saltare una fila, a parcheggiare dove non si dovrebbe, a guidare con il telefonino in mano, a guidare dopo aver bevuto solo un poco … Tanto cosa vuoi che sia in confronto a quello che fanno gli altri.

Questo conportamento, da furbetti del quartierino, tutto italiano, si esalta nei grandi appuntamenti specialmente all’estero. E cosa c’è di più grande della maratona di New YorK? E così, ogni anno due giorni dopo la maratona, scarico il file degli italiani arrivati e naturalmente si trovano sempre non poche incongruenze. Devo dire che quest’anno quelli che sembrano i sarti più eclatanti, sono maratoneti da gratta e vinci. Non ho altro termine per dipingere chi taglia per concludere la gara in 5 ore o più. Probabilmente sono andati a New York in vacanza grazie al gratta e vinci appunto, e ne hanno approfittato per fare prima una corsetta in compagnia, poi una camminata tra amici, poi un salto al bar, la metro finalmente vuota, e poi all’arrivo a prendere la medaglia. Per dire io c’ero. Io ho corso la maratona di New York. Yeah. Almeno quando imbrogliamo facciamo le cose per bene, che ne so come Rosie Ruiz che ha vinto la maratona di Boston nel 1980 prima donna con il record di 2 ore e 31, salvo poi scoprire che era uscita dalla folla solo a due miglia dall’arrivo.4novembre

Certo la maratona è un calvario e pochi hanno voglia di soffrire fino in fondo. Ma se vogliamo un paese migliore dobbiamo cominciare tutti, la rivoluzione, dalle piccole cose. Perchè se in Italia nessuno saltasse la fila, se tutti parcheggiassero dove si può, se si osservassero le regoli normali del vivere civile, allora state sicuri che non avremmo lo stato che abbiamo.

Non è difficile, basta portare ognuno la sua piccola croce, senza lasciare a questo povero cristo di portarla per tutti … anche nella corsa.

Martedi 6 Novembre: Chicco se ne è andato come il fratello. Metro più metro meno, nello stesso posto. Investito da una macchina sulla via Emilia.
Chicco era un gatto libero: rientrava in casa quando voleva, in genere rimaneva a casa la notte, e poi di giorno usciva. Nonostante si fosse già giocato più di una delle sue sette vite sulla strada, ancora non aveva imparato. E così affrontava il pericolo e la paura di corsa. E dire che più di una volta l’avevo portato in braccio vicino la via Emilia a sentire il rumore assordante delle macchine: “Senti qui è pericoloso, non ci devi venire”. Poi lo lasciavo e lui tornava a casa. Ero sicuro avesse capito.
L’unica cosa che mi consola è che non ha sofferto. Sicuramente è morto sul colpo: nonostante sia un centro abitato e nonostante i limiti di velocità ed i segnali, sono migliaia le bestie di automobilisti che se ne fregano e corrono. Se ne fregano e corrono oltre i limiti. Se ne fregano della vita degli uomini e dei bambini, figuriamoci di quella di un gatto. Non sono solo i gatti che muoiono infatti su quel tratto della via Emilia.
Questo mi porterebbe a scrivere parole, che non meritano di essere nel Requiem del gatto Chicco capace di portare e regalare goia e sorrisi.
Solo un ultimo pensiero. Mentre lui se ne andava, io ero in Ungheria per lavoro. E come tante altre volte in questi casi, vengo a sapere degli accadimenti tristi solo quando ritorno a casa, quindi in questo caso Venerdì. Mercoledì notte, ancora ignaro, ho sognato Chicco che rientrava a casa con il pelo tutto arruffato e sporco, e con un occhio penzolante. Io lo accarezzavo e dicevo “Non ti preoccupare Chicco, ti vogliamo sempre bene”. Non l’avevo mai sognato.

Quello che penso ? Che chi vuole bene ha un’anima ed il suo spirito ci rimane sempre vicino. Indifferentemente se uomo o animale.

Probabilmente non hai neanche sentito lo sparo, presa dai tuoi pensieri. Un sogno le Olimpiadi di Pechino. trovarsi nello Stadio Nazionale, di fronte a novantamila spettatori. No, non potevi sentirlo quello sparo, tutti quei colori, quei rumori. Tutte quelle persone che applaudivano al tuo nome. Ma tu eri arrivata proprio su quella pista. Nostante la povertà perchè nascere in Somalia nel 1991 vuol dire avere davanti una vita difficile. E proprio su quella pista volevi mostrate di essere diventata grande. Nonostante gli insulti che hai ricevuto mentre ti allenavi tra i crateri delle bombe, perchè una donna non può fare sport in una terra di fanatici. Nonostante tutto, ora rappresenti il tuo paese. Nonostante tutto pensi di potercela fare.

32 secondi e 16 centesimi sono una vita che ti scorre davanti. Mentre le altre hanno già tagliato il traguardo, tu ancora corri frastornata dall’urlo dei 90000 che ti incitano ad andare più forte come fossi la prima. Credo che in quel momento hai giurato a te stessa che tra quattro anni avresti di nuovo partecipato ad un’ Olimpiade. Per sentire lo sparo. Per migliorare quei 32 secondi e 16 centisimi.

E così adesso ti ritrovi su una carretta del mare ammassata con tanti altri.
Ma cosa ti ha fatto fare questo sogno? Tutta la vita a correre, e poi attraversare l’Africa per arrivare in una terra mai vista.
Cosa ti ha fatto fare questo sogno? Il primo se ne va in silenzio. E poi il secondo, il terzo. Solo il rollio infinito del mare. L’odore nauseabondo del fumo di gasolio, misto a salsedine, al vomito, al piscio.
Cosa ti ha fatto fare questo sogno? Abbandonare le poche certezze di una vita di stenti, per un’emozione di trenta secondi. Per trovarti in questa nave senza bandiera dove secondo dopo secondo tutti abbandonano.

Ma non tu. Chiudi gli occhi e rimani aggrappata a quella pista, niente più gemiti e lamenti solo le urla degli spettatori che ti incitano ad andare avanti. Lo sparo e poi il tuo cuore che batte ed i tuoi passi sulla pista. Uno due tre … ora davanti a te la curva, diminuisci la falcata ed aumenti la frequenza… quindici sedici … Il rettilineo. Ora devi dare tutto … il tuo sogno è a pochi secondi … venti ventuno … corri Samia corri

Probabilmente non hai sentito neanche la barca affondare. Qualcuno ha detto che doveva essere Aprile, Aprile del 2012. Che stavi andando in Italia per arrivare a Londra. Non sei mai arrivata in Italia. La Terra dove si infrangono i sogni.

Dedicato a Samia Yosuf Omar
Somalia Marzo 1991, Mediterraneo Aprile 2012

http://www.aljazeera.com/sport/2011/05/2011513103418320619.html

http://rinabrundu.com/2012/08/19/esclusiva-rosebud-il-sogno-italiano-di-samia-yusuf-omar-intervista-a-teresa-krug-di-al-jazeera/

Le ultime due settimane

Pubblicato: Maggio 29, 2012 in Morso della Tarantola

Brindisi, il terremoto, i giornalisti, il ritorno dei brigatisti, 20 anni dall’uccisione di Falcone, della moglie, della scorta, la scuola di Rignano e le violenze sui bambini, i suicidi per le cartelle esattoriali, i comici, i calciatori che truccano le partite sotto le minacce dai tifosi, non siete degni di questa maglia, noi abbiamo vinto le elezioni, l’IMU, i corvi ed i cardinali, gli amici che pagano vacanze da decine di migliaia di euro, mi dimetto, la laurea in Albania, i mafiosi che in carcere rischiano di morire, la scuola Diaz e sono tutti assolti, la maschera di Obama per farlo divertire, le banche ed i loro interessi.
Alla fine di ogni giorno delle ultime due settimane, mi addormento canticchiando Io se fossi Dio di Gaber. Perche’ ? Se non la conoscete seguite il link ed ascoltatela, se la conoscete riascoltatela. Ma vi avviso dura 14 minuti.  E dopo? Ci si sente come alla fine di dieci ripetute da 400 metri corse al massimo.

Amarcord: come Buffon

Pubblicato: febbraio 27, 2012 in Morso della Tarantola

I torneo Calcio a Cinque AVIS Cral Ericsson 2000

A molti non dira’ niente, ma tanti anni fa ad un torneo di calcio a cinque, sul 2-1 a nostro vantaggio, a 5 minuti dalla fine,  contro la squadra che poi sarebbe arrivata seconda … insomma ecco il racconto come pubblicato da GOAL

La partita tra Real Esterina e Griffon si e’ rivelata particolarmente emozionante ed avvincente. Si e’ peraltro verificato un episodio da moviola, allorche’ un tiro di DeFilippo e’ stato parato da Lombardi appena oltre la linea di porta. L’arbitro ha assegnato il goal che e’ valso il temporaneo pareggio al Real Esterina, che poi avrebbe vinto 3-2. La circostanza ha stimolato la creativita’ di Gaetano Lombardi, portiere e capitano di Griffon, il quale ha inviato a GOAL questo simpatico commento.

Se fossimo dei perdenti, l’avremmo chiamata sfortuna. Come l’Italietta pallonara degli anni sessanta e settanta “Brava ma sfortunata”. Come l‘Italietta biscardiana e piagnona che ogni domenica e lunedi sera si da’ appuntamento nei salotti calcistici, parlando di congiure di palazzo, di malafede, di Rolex e nandrolone. Immaginate i replay sulla rete del 2-2 concessa dall’arbitro!  Mi sarei visto e rivisto mille volte in tuffo sulla linea, rappresentato da un pupazzo con a finaco un altro pupazzo di presentatore lesto a misurare i cm (10 di Viola memoria) e tutti gli altri intorno pronti a sparare e pontificare.

A noi invece piace chiamarlo fato come gli antichi greci ed immaginare come nostro cantore, invece di Biscardi, Omero. Lui avrebbe narrato delle imprese dei nostri eroi partiti per conquistare il sorriso di Shary Elena. Lui avrebbe narrato le corse del pie’ veloce Luciani sui campi bruniti e di Apollo che, geloso dell’emulare il divin codino Baggio, avrebbe sottratto al suo piede il pallone del tre ad uno. Della triste storia del Valente Patroclo che insegui Ettore DeFilippo per tutto il primo ed il secondo tempo, vedendo poi il fiero avversario gonfiare per tre volte la rete. E raccontato di Ulisse Lombardi e di Poseidone che, rabbioso del torto al ciclope Antonioli, avrebbe prima offuscato l’arbitro nascondendoli la grande perizia  nel ricacciare la palla e poi avrebbe scatenato il vento per guidare la palla nel sette, costringendolo a vagare negli inferi della sconfitta. Sperando non ci tocchi altro dopo l’Iliade e l’Odissea.

 

 

 

 

La Biglia

Pubblicato: febbraio 15, 2012 in Morso della Tarantola

Tutte le volte, in prossimità dell’uscita per Imola, passando sull’A14 (e capita almeno due volte al mese), non posso non guardarlo e ricordare. Devo anzi confessare che spesso mi sposto sulla prima corsia, se vado verso Rimini, decellero, abbasso il finestrino e lo saluto con la mano. Lo so è un atteggiamento infantile. Ma d’altronde quell’enorme biglia fa ritornare tutti bambini. Solo che questa volta il ricordo dei giochi sulla spiaggia, quando prendevo a schicchere le biglie con le immagini dei ciclisti, è sovrastato dalle emozioni vissute davanti alla televisione.  E nei miei ricordi è esattamente come nella biglia: in piedi sui pedali, sulla faccia sempre una smorfia di fatica, tutt’uno con i muscoli tirati nello sforzo. Così lo immaginavo anche davanti ad un piatto di tagliatelle tirate a mano, la domenica, quando il padre o il fratello di Cristina tornando dai loro cento chilometri in bicicletta, raccontavano di averlo visto su un tratto della Nove Colli passare come uno scoiattolo. Troppo veloce, il Pirata. Troppa la fatica fatta per arrivare in cima alla montagna. Troppo il dolore nello scendere da solo nell’inferno di stanze di albergo vuote ed anonime. Come quella dalla quale scrivo. Per me non esiste notte tanto lunga da non vedere il giorno. Per Marco non esisteva salita tanto lunga da non poter arrivare in cima. Io non riuscirò mai a salire in cima, Marco non ha saputo aspettare il giorno. Se però riesco a sopravvivere alla notte è anche perchè guardare Marco Pantani che sale l’Alpe D’Huez o l’Aprica mi da la forza. Lo so, è infantile anche questo, ma siamo tutti un poco bambini che vorrebbero ancora giocare a biglie sulla spiaggia. Quello che però non torna, è quello che non abbiamo ancora vissuto. E basta aspettare un nuovo giorno per provarci.

Capitano, mio Capitano

Pubblicato: gennaio 29, 2012 in Morso della Tarantola

Forse non tutti lo sanno, ma oltre la corsa ho un’altra grande passione, da sempre: il mare. E nel mare, le immersioni. E come molti sub, ho un sogno: l’immersione sull’Andrea Doria. Per spiegare ai non sub, e’ come per un maratoneta correre New York, per un alpinista salire sull’Everest. L’Andrea Doria e’ affondata durante il suo 101 viaggio tra Genova e New York, il 25 Luglio 1956, al largo del battello-faro Nantucket, a sole sette ore di navigazione da New York. Il relitto si trova a sessanta metri, in posizione … insomma come la Costa Concordia. L’immersione e’ complicata, per le correnti, la mancanza di visbilita’, il freddo: tutti fattori che aumentano l’effetto della narcosi da azoto ed impediscono di essere lucidi. I sub morti sull’Andrea Doria sono probabilmente piu’ di 43. Quarantatre (su 1706 persone presenti a bordo) sono infatti le persone uccise dallo scontro tra Andrea Doria ed il mercantile svedese Stockholm. Uno scontro avvolto nel mistero. Ma un mistero costruito ad arte per salvaguardare interessi finanziari ed assicurativi, dove sacrificato e’ stato l’onore del comandante Pietro Calamai. L’incidente e’ causato, come ricostruito subito dal Ministero della Marina prima, ed anni dopo dall’Accademia della Marina americana, da un’errata valutazione del ponte comando e del terzo ufficiale, Carstens, dello Stockholm. Ma questa e’ una verita’ molto costosa.
Lo Stockholm  sbaglia rotta, Carstens interpreta male il radar, va a tutta velocita’ nonostante la nebbia. Quando ad un miglio la Doria vede lo Stockholm prova una manovra disperata, timone tutto a dritta a tutta velocita’.  Ma e’ troppo tardi. L’Andrea Doria viene speronata. La punta rinforzata dello Stockholm squarcia tutta la fiancata, come lo scoglio al Costa Concordia. A quel punto il comandante, Pietro Calamai deve decidere: salvare la nave dopo aver fatto scendere i passeggeri nelle acque gelide e sulle poche scialuppe (essendo quelle della fiancata sinistra non utilizzabili),  e quini portandola sulle secche di Nantucket, poco distanti, o salvare i passeggeri. Calamai sacrifichera’ la nave per salvare tutti i passeggeri. E non dara’ l’ordine di abbandonare la nave fin quando non arrivera’  il transatlantico Ile de France.
Una volta salvati tutti i passeggeri e dopo aver controllato che non ce ne erano altri, solo allora ordina agli ufficiali di salire su una lancia. Pietro Calamai rimane a bordo, dicendo di dover fare gli ultimi controlli. A bordo della lancia gli ufficiali realizzano che il comandante vuole affondare sulla sua nave e ritornano a bordo. “Se Lei non viene con noi, noi rimaniamo con Lei”. E cosi Calamai abbondona la nave.
Affondata l’Andrea Doria, cominciano le battaglie giudiziarie. La manovra disperata del Doria viene interpretata come un errore. La nebbia e la velocita’ delle due navi ritenuta eccessiva, nonostante Calamai l’avesse ridotta, fara’ il resto. Cosi i due armatori si accorderanno per dividersi la colpa e quindi evitare un processo. I LLloyds di Londra sono salvi. Unico colpevole, il comandante Pietro Calamai. Non salira’ piu’ su una nave (a differenza del capitano svedese della Stockholm).
In punto di morte chiedera’ ancora una volta  se erano salvi tutti i passeggeri.

Questa e’ la Marina italiana: Pietro Calamai ed i suoi ufficiali, Eugenio Giannini e Guido Badano, e tutto l’equipaggio del Doria.

Il resto e’ merda. Ed il loro nome neanche merita di essere accostato al nome di questi uomini.

Grazie Tommaso

Pubblicato: dicembre 8, 2011 in Morso della Tarantola

Grazie Tommaso del tuo fantastico articolo sul podismo come forma di ricretinimento post-senile. Da quando l’ho fatto leggere a mia moglie, la mia vita è completamente cambiata. Se prima ogni volta che la domenica mattina uscivo era una tragedia, adesso mi guarda con occhio compassionevole e mi lascia andare volentieri. Ed i discorsi con le sue amiche, prima: “Non fa che perdere tempo a correre”; adesso: “E’ rincretinito per la corsa, povero caro, meno male così non spende i soldi per le moto e non va dietro le venticinquenni” .”Tu si che sei fortunata, il mio ha voluto comprare la moto a tutti i costi”.
Grazie Tommaso. Adesso la domenica mattina posso inforcare la mia Honda Shadow 750 (comprata senza dire nulla a mia moglie) e correre rombando per le strade del comasco senza patemi e sensi di colpa. Al rientro basta solamente essere molto rapido a riempire la lavatrice.
Se posso Tommaso, per il prossimo articolo vorrei suggerirti come forma di rincretinimento senile il poker il sabato sera con gli amici con spaghettata a mezzanotte prima dell’ultimo giro.
Quanto a te ed al tuo rincretinimento, caro Tommaso, non ti devi preoccupare. Tu peggio di così non potrai mai diventare. Come si può dedurre dal tuo blog, sei il tipico italiano che passa dalla televisione al computer, dal computer all’ipad, dall’ipad alla televisione: insomma sei rincretinito al naturale.

PS Caro Tommaso come vedi non è complicato scrivere con sottile ironia. Complicato è preparare una maratona, e correrla. Provare per credere. Con affetto.

Cheaters and the City

Pubblicato: novembre 3, 2011 in Morso della Tarantola

City e’ naturalmente New York, ma anche Firenze, Venezia, ultimemente anche Faenza regno di re Giorgio. Ed i cheaters? Cheaters non sono extraterrestri o almeno magari lo sono per velocita’ con la quale corrono gli ultimi chilometri. Non sono dei roditori, almeno i roditori hanno piu’ dignita’ … I cheaters sono i fantastici tagliatori: quelli che si iscrivono ad una maratona e poi non ce la fanno, e dopo aver corso qualche chilometro, scompaiono, salvo poi comparire incredibilmente sulla linea del traguardo a braccia alzate. I cheaters sono naturalmente, in gran numero, italiani: sono tre anni che vinciamo consecutivamente il premio come nazione che piazza il piu’ alto numero di cheaters alla maratona di New York. Naturalmente loro si difendono: non rubiamo niente, cosa dobbiamo dire dei politici. Certo il massimo lo abbiamo raggiunto qualche anno fa dove abbiamo piazzato anche degli onorevoli tra i cheaters: poitici che tagliano e rubano una medaglia. Certo loro sono abituati a rubare ben altro, cosa volete sia una medaglia ed un piazzamento alla 40000 posizione in 5 ore alla maratona di New York. Ma anche per loro la difesa e’ , ben altri sono i problemi: la disoccupazione, la mafia, chi non paga le tasse. Ma ancora ben altri sono i problemi, c’e’ chi uccide. Ma ben altri sono i problemi, c’e’ chi commette genocidio, la fame nel mondo, il polo che si scioglie e la temperatura che si alza. Ben altro … Lo so mi ha morso ancora la tarantola e non riesco a fermarmi. Dovrei parlare di altro e di questo periodo la cronaca ne offre di spunti. Ma continuo a pensare che la rivoluzione parte dal basso, parte dai nostri comportamenti, dalla nostra dignita’, da piccoli gesti che poi diventano grandi gesti e dignita’ collettiva. Proviamo per una anno ad arrivare ultimi tra i cheaters. A non piazzare nessuno in questa speciale classifica. Podisti.net e Lollini sono anni che ne hanno fatto una battaglia mettendo alla berlina questi personaggi. La paura di vedersi presi in giro sul www, sara’ un deterrente ? Ci riusciremo? Certo non sara’ molto, ma sara’ qualcosa. Intanto per ora il re dei cheaters e’ un inglese, vedere per credere. Avrei preferito un tedesco oppure un francese … ma non si puo’ avere tutto

Mi trovo spesso a riflettere e quindi a scrivere, come avrete capito leggendo ne Il Morso della Tarantola, dei valori buoni, cioè di quei valori che se applicati e vissuti permettono ad una comunità di individui di migliorare come singoli e di migliorare il loro modo di vivere come società. In particolare mi piace vedere come questi valori sono applicati nello sport e nel podismo. Per ricavarne esempi,  per trasmetterli, se possibile quanto più ai nostri ragazzi. Perchè siano in grado di sentirli come propri e domani siano in grado di costruire una società migliore.
Uno di questi valori è semplicemente, chi ha di più deve dare di più.
Questo ho pensato vedendo cosa Zanardi ha fatto domenica 23 ottobre alla Maratona di Venezia. Con entrambe le gambe amputante ha trasportato con la sua handbike, Canali, affetto da SLA, su un’altra carrozzina. Cinque ruote, due cuori.
Guardate il video. Ogni volta che spingeva le ruote della sua handbike, e l’ha fatto per 30000 volte sui 42 km per due ore, a me sembrava gridasse: “Se lo faccio io cosa potete fare voi, se lo faccio io cosa potete fare voi, se …”.
Se … cosa sarebbe il mondo